martedì 27 ottobre 2020

La medicina medievale nella cripta di Anagni

Negli affreschi della prima navata della cripta della cattedrale di Anagni sono raffigurati, uno di fronte all’altro, i medici più celebri dell'antichità, Ippocrate e Galeno, che in realtà sono molto distanti nel tempo (V-IV secolo a.C. e II d.C.). A sinistra della lunetta con Ippocrate e Galeno vi è  il diagramma con la teoria dei quattro umori, che era ancora fondamento della medicina medievale, nonostante alcuni progressi. Si basava sul principio che in ogni uomo si trovano quattro "umori", o fluidi principali: bile nerabile giallaflegma e sangue, prodotti da vari organi del corpo; essi corrispondevano ai quattro elementi dell’universo (aria, acqua, fuoco e terra).  Una persona, per essere in buona salute, doveva avere un perfetto equilibrio di questi elementi.
Per riequilibrare gli umori e giungere alla guarigione si ricorreva, in alcuni casi, ai salassi, prelievi di sangue che finivano per indebolire il malato, e anche a erbe medicinali e unguenti. La chirurgia era molto limitata; inoltre la mancanza di igiene provocava l’insorgenza di gravi infezioni, che peggioravano la situazione del malato fino a determinarne la morte (cfr. Anagni: guida storico-artistica, a cura di C. Ribaudo, 1989).

Risulta evidente che con questa medicina la battaglia contro la peste nera che si diffuse in Europa nel 1348-1349 (della quale abbiamo parlato in precedenza per Villa Magna), era persa in partenza.

Tuttavia proprio in seguito alla peste, che uccise un terzo della popolazione europea, la medicina registrò dei progressi, come p. es. l’adozione della quarantena.  

 

sabato 17 ottobre 2020

Ricordi di infanzia e di gioventù (anni ‘60 e ’70) in dialetto anagnino di Mauro Frattali

 I racconti sono stati scritti da Mauro Frattali in gran parte durante il confinamento del Covid. Sono una fotografia degli anni '60 e ’70, viva e ricca di dettagli; leggerli fa riaffiorare molti ricordi in chi ha vissuto quei tempi, molto lontani dagli attuali. 

I racconti sono pubblicati sul gruppo facebook  "Gruppo di Dialetto anagnino".
L’autore, che è un imprenditore affermato e non uno scrittore di professione, mostra una grande capacità narrativa.
Tutti i testi e le foto sono di Mauro Frattali

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Parte prima


I nonni
 
Premetto che i miei nonni materni erano contadini che vivevano e si sostenevano esclusivamente con i frutti della terra che quotidianamente lavoravano.
I seguenti due detti erano parte integrante delle loro giornate e io che da piccolo durante le vacanze scolastiche estive spesso li seguivo in campagna, a forza di sentirli in continuazione mi sono ritrovato inconsapevolmente ad applicarli durante la mia vita:
“ iu tempo s’aspetta fori”
Nel senso che pure quando la mattina non era bel tempo, si andava ugualmente in campagna e stando già sul posto, se le condizioni fossero migliorate, si sarebbe potuto fare qualcosa.
“ iu letto fa j’ome poveretto”
infatti oziare nel letto oltre il necessario, non ci rende utili e produttivi.

14 marzo 2020
 
Ricordi dell’infanzia
Una giornata, anzi mezza, fori cu i nonni.
La matina a bonora , prima che fa giorno, se sente iu vallo canta’, me sveglio un po’ ‘ntontito.
Nonno già sta ritto, pronto , sta a cala’ attera alla stalla a caccia’ l’asena,
nonna sta vicino alla finestra, guarda iu tempo mentre me sbatte cu nu’ cucchiarino n’ ovo frisco con lo zucchero dentro a ‘nu bicchiere;
ia m’arizzo svelto da iu’ letto de cartocci de tuti, me ficco i cazzuni curti, me metto i sandali marroni con i quattro buci, ‘na majetta a righe bianche e blu, me lavo iu mucco come ‘na catta e vado da nonna a magna’ iovo sbattuto con la marsala e ‘na tazza di latte con il pane duro avanzato iu giorno prima.
(Lo spazzolino e il dentifricio erano cose da fantascienza).
Nonno ha già sistimato l’asena, i due cistri , uno a destra e l’altro a sinistra, sono stati fissati con na’ corda a iu masto per mezzo dei gnaccoli, ha caricato la verdura raccota fori iu giorno prima e ci avviamo sotto palazzo (era sotto il Comune)per venderla.
Nonna è piccola di statura, magra ma forte, porta sopra la testa una grossa canestra piena di frutta.
Arrivati sul posto, nonno scarica l’asena e va fori a lavora’, io resto cu nonna a pia’ iu posto e aspetta’ che se fa più giorno pe venne.
Appena finisce de venne tutta l’erba e le frutta, nonna prende un po’ de sordi sani e li mette da parte, dicendo sempre: “chisti i mettimo da parte ca adduma’ nen se sa”.
Prendiamo le canestre e i manecuti voti e prima da i fori da nonno, passimo alla bottega di alimentari a cambia’ i sordi spicci e compra’ ‘na mezza schiappa de baccalà’.
Adesso basta perché se descrivo come proseguiva la giornata fori, mi dilungo troppo e divento noioso 😊, comunque mi sono ricordato di diversi vocaboli che prima erano di uso frequente perché fondamentali per lo svolgimento delle mansioni quotidiane e oggi sono spariti.
Quella frase che nonna ripeteva sempre e io a 6/7 anni non capivo,
riassumeva la necessità di avere sempre qualcosa da parte per il giorno successivo, in quei tempi campavano alla giornata e avere qualcosa da parte era indispensabile, non per andare in ferie 😊 ma per procurarsi da mangiare in caso di condizioni climatiche avverse per il raccolto dei campi.
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La seconda parte della giornata “Fori cu i nonni”
Premetto che da piccolo davo più di qualche problema a mia madre...
che comunque grazie a me, poteva rinnovare con una certa frequenza diversi mobili di casa 😊 , la cucina , la sala da pranzo, una toletta con un grosso specchio della camera da letto ecc.
Quest’ultima per darvi un’idea, era posizionata all’angolo della camera e io,dopo aver visto il giorno prima al cinema Felici, Sansone che con la sua forza faceva crollare tutto, (a conferma del racconto di Sandro Quattrocchi) mi infilai sotto quel mobile e appoggiandomi con le spalle all’angolo del muro lo imitai per bene... e gridando:
“ muore Sansone con tutti i filistei!!”
spinsi la toletta in avanti facendola cadere e rompendo l’enorme specchio in mille pezzi.😨
La tragedia fu grande... sia per il danno, ma soprattutto perché,secondo i miei famigliari e i vicini di casa, accorsi per il frastuono, ci sarebbero stati 7 anni di disgrazia che la rottura dello specchio avrebbe dovuto portare...
Mamma in quelle occasioni,arrabbiata e dopo avermi rincorso inutilmente, mi diceva: “mo vatte a durmi’ da nonneta, ca massera quando torna padrito è mejo che ‘nte trova”.
Allora io su due piedi come stavo -stavo, cazzuni curti,sempre d’estate e d’inverno, partivo da via Giminiani, di fronte all’attuale caserma dei Carabinieri e mi dirigevo in via dei Pulpiti, attera a’iu viculo de Vagno.
Mi viene da sorridere al ricordo del “ trasloco” che facevano i miei figli quando erano più piccoli e dovevano andare a dormire una notte dai nonni☺️
Ma iu problema mia, vista l’età 6/7 anni, non era quello d’attraversa’ mezz’Anagni da sulo...ma la paura de ‘ncontra’ cani randagi che girevano pe le vie e i viculi; de du’ cose tenevo ‘nsacco paura, de sti cani scioti e... dei lupenari.
Comunque, facenne capuccella tra ‘nu viculo e iatro, cambienne strada se vedeva ca canu, arrivavo alla casa de nonna e mentre aspettevo che issi arevenevano da fori, me mettevo a gioca’ con Tonino “lepretto” ,Pasqualino, Angiuletto ecc.
Questo per precisare che quando andavo dai nonni, non era per piacere ma per una necessità “di sopravvivenza”, e la cosa non mi dispiaceva affatto....anzi.
Ora riprendo il seguito della giornata “fori cu i nonni”.
Finito de venne l’erba e la frutta sottopalazzo, ia i nonnema, returnemo a pusa’ le canestre vote a casa sea, essa prepareva de prescia iu’ pranzo , i metteva dentro a ‘na canestra più zeca, i repartemo pe j fori da nonno.
Azzecchemo iu viculo de Vagno, passemo alla Bucia i calemo pe la cava che sta’ prima de Campusanto, venenne da iu Ponte Miobello.
Arrivati alla vigna, ia scappevo sempre denanzi a rupri’ iu vado pe fa rentra’ nonna, essa poseva la canestra co iu pranzo e se cambieva i vestiti pe mettese pe fori: erano tutti stracci rattoppati, de dua/tre vestiti di diversi colori c’è ne faceva riesci’ uno 😂.
Doppo jemo da nonno, che appena la vedeva diceva:
“ Accimmezzi Rumi’ come te si aremutata..., me simbri ‘na strolega “
E lei: “Ciuciareio mia, parli assusi perché ‘nte po’ sperchia’ “
E giù risate.
Questo era un rito ogni volta uguale, (ciuciareio, era il soprannome di nonno e Rumi’ era il nome di nonna Romilde).😂
Il mio compito era quello de caccia’ l’acqua fresca dai iu puzzo con la tirella, con sempre la stessa raccomandazione: “Maure’, mittici iu sicchio zico, ca sennò’ cu chjo grosso ci vai appresso, doppo chi ci riportimo a padrito?”.
In quei tempi, da qualsiasi parte stavi, scavavi un pozzo(a mano tirando fuori la terra con un secchio) trovavi l’acqua e la potevi bere senza problemi, inquinamento? Era una parola che non esisteva.
Cacciata l’acqua da iu puzzo, la teneva da porta’ all’asena che steva legata allo frisco, vicino alla capanna de paja.
Bisogneva st’attenti sempre a’nci da le spalle, perché “chella come te giri, te tira zampate” e ricordate sempre che “ fa bene a ‘iasini ci se remette sempre”.
Questo era nonno, me lo ripeteva ogni volta.
Mo, si continua sta’ quarantena, riesco pure a scrive nu libro... maledetto Coronavirus... per come mi dilungo, chiedo scusa.
https://www.facebook.com/groups/387385698796954
(segue)
La culazio’ cu la trippetta de Nurina.
Le culazioni più belle che me recordo, ‘ne ‘nso chelle fatte in qualche vacanza negli alberghi, ma chelle che se faceveno a casa certe domeniche matina quando ero zico, stemo abbita’ alla casa di fronte all’attuale caserma dei carabinieri.
Papa’, chio giorno, steva cu nui perché ‘ne jeva a laura’,
i pe fa conosci mejo la festa, ‘ca vota, me manneva alla cantina de Nurina a pia’ un po’ de trippetta pe culazio’.
Certe domeniche, quando i’affari durante la settimana ereno iti ‘mpo’ mejo... me deva la sporta che mamma usava pe i a fa la spesa, Ia me mettevo i manici a giro spalla, senno’ strusceva pettera mentre camminevo... era quasi più grossa de mi...i partevo.
Me faceva cumpra’ quattro, cinco sfilatini cu la trippetta ammezzo... chio era ‘nu lusso che ci potemo permette, chio bono sapore ancora mi recordo mo’.
I sfilatini Nurina i pieva frischi, anzi calli, tutte le matine da Ezio Gatto e Mario Marucci che tenevano ju furno a ‘nu locale che deva sulla scala, di fronte alla chiesa de Sant’Andrea, che va verso Puzzo la Valle, ereno clienti nostri, ci purtemo le frasche cu ju ‘42...
😊
Nurina, sti sfilatini, i spaccheva a meta’, ci metteva la trippetta calla cu ju sugo, cu ‘na bella spolverata de pecurino i parmigiano, ‘na specialità de chii tempi... pare levete che te stivi ammagna’
☺️
Invece certe atre dumeniche... me deva i sordi,
sempre cuntati eh...perché chio ‘ni freghivi, ‘nu sicchietto cu ju cuperchio i ju manico a giro, tutto d’alluminio, i me diceva: ”Maure’, va’ da Nurina i fatte da’ tre scummarei de trippetta, ma dicci che ‘ne ‘nci mette tutto sugo eh”.
Partevo come nu’ furmine, perché ‘ne vedevo l’ora d’areveni’ pe magna’. 😌
Appena arrivato alla cantina de Nurina, attuale pizzeria Barnekoff, rentrevo dalla parte che da’ verso ju giardino de Puscina, guardingo i ‘mpo timidamente, perché alloco ci steveno sulo ommeni grossi, che certe vote se metteveno a cummatte i a fa a botte... a mi chelle scene me piacevano puro da vedelle... ma da luntano; chii, già steveno assettati a i tavulini, quasi tutti a fuma’, a fa culazio’, a giuca’ a carti... i puro a beve.
Me facevo strada ammezzo a chio fume de sicherette i ievo a truva’ Nurina, che steva sempre ‘mpicciata come ‘na matassa, ci dicevo: “Ha ditto papà che me da’ tre scummarei de trippetta senza sugo.”
Chella femmena era brava ... però steva sempre ‘mpo’ accigliata i ‘ne teneva pochi spicci: “Arecazzi’, di a patrito ca’ si cerca rugna... ha truvato chi c’è la ratta”.
ia ci diceva: ”Vabbè’”... i come facivi a contraddirla...🤷‍♂️
Faceva un ‘mpo’ accusi’...però era ‘na bona femmena,
ia cuntevo sempre i scummarei i essa me ne metteva sempre nu’ mezzo de più, senza dimme gnente 😊
‘Na vota m’ha aiutato propria tanto...
Chella matina steva arepurta’ a casa ju secchiello de trippetta che ero appena comprato da essa, i sempre pe’ chella cosa che so raccontato ca’ storia fa, mentre camminevo cerchenne de imita’ la camminata de patrimo, cu ju pede sinistro ritto e ju destro ‘mpo’ aruperto, so ‘nciampicato, me so fatta la cianchetta da sulo, so cascato pettera cu tutto ju sicchiello della trippa, che s ’arevotica’ ammezzo a ju brecciulino...
stevo a chio spiazzo poco prima dell’officina de Cesare Caldarozzi, propria sotto alla cantina de Nurina, ando’ prima ci steva ‘nu bagno pubblico...
Me pia’ ‘nu corpo sicco 😱
Cumincia’ a recolle, cu le manicciole, chella trippetta da pettera, la remetti’ dentro a ju sicchiello ma era tutta sporca de tera, brecciulini i senza sugo... ci remani’ ‘mpo’ a pensa’, i cu ju core che me batteva forte ‘mpetto..
me venne ‘n’idea...ci potevo da ‘na sciacquata.
Parti’ de corsa fino alla fontana de Puscina i ci dette ‘na lavata...
ma sta’ cosa, diventa’ tutta bianca i fredda, sembreva ‘nu scazzuio ... anzi c’era davero
😳
vabbè, ca papà m’era ditto da ‘nci fa mette tanto sugo...
ma alloco ‘nci steva pi gnente ... ‘nsapevo che fa ... i come me ci potevo presenta’ a casa da patrimo?🤷‍♂️
Mo avoia a di’... ma prima ju rapporto padre/figlio era di timore e amore, j’affetto i sentivi ma ‘nti faceva vede’, ju padre era chio punto de riferimento forte della famija che deva sicurezza... ma puro chio della severità i della disciplina, te deveno più de chello che teneveno, ma tenivi da fila’ ritto senno’... ereno duluri.
Cu’ chio pensiero ‘ncapo... acchiappi i rei’ alla cantina da Nurina, ci chiedi’, serio, si me ci puteva mette zic’atro sugo callo... perché papà era ditto che era poco, me guarda’ ‘mpo’ strana... ma appena leva’ ju coperchio, i vedi’ chello che ci steva alloco dentro... pe la prima vota, vedi’ Nurina da ride...
😳
“Brutto lazzarone... che ci si fatto a sa’ trippa?”
“Gnente ... m’ha cascata pettera, sa’ spurcata ‘mpo’ i allora ci so’ dato ‘na lavata alla funtana” 🤷‍♂️
Se remetti’ a ride i me dette ‘nu schiaffitto ancima alle corde de cojo... itta’ chella roba alla monnezze, me remetti’ tre scummarei de trippa, senza sordi ma soprattutto senza di’ gnente a patrimo
❤️
Dio la benedica a ‘ndo’ sta mo... tornai a casa senza tucca’ pettera... per la cuntentezza.
😊

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Chella vota che me ne i da casa
Allora me ci so’ ‘ncontrato cu’ Carlo ... era nu’ tardo pomeriggio de sta’ settimana, ci simo fatto nu’ bejo tuffo, “senza costume”, in un mare di ricordi .
Simo riusciti areiccene a casa cu’ la luna bella arda, doppo svariate telefonate delle nostre famija pe’ sape’:”Che fine emo fatta ...”🤷‍♂️
Nella nostra natata ammezzo a ju mare dei ricordi, simo ripercorso le tappe importanti della nostra vita, cu’ tutte le ‘sperienze negative e positive che simo vissute, cu’ tante risate i felici d’avelle fatte.
Bej momenti, grazie Carlo 😊.
Chesta storia la so condivisa cu ‘n’amico d’infanzia, ci so’ cresciuto ‘nsieme pe’tanti anni, tenemo quattro o cinco anni quando iemo abita’ vicini de casa a Puscina, ja veneva da San Giuvanni e isso ... da Sammangrazzio.
I genitori ancora ‘nci faceveno resci’ da suli perché emo troppo zichi... ma nui ci vedemo i chiamemo, cu’ i nomi struppiati, attraverso le sbarre delle ringhiere dei balconi dalle casi nostre, ja ci grideva “Callo” e isso me gridava “Mallo” ...
i basta, perché ‘ntenemo atri argomenti da scambiacci 🤷‍♂️.
Le scole elementari le simo fatte separati, tenemo du’ maestri diversi, ma spesso ci jemo i c’arevenemo ‘nsieme dalla scola, i quando ‘nse faceva stemo sempre a giuca’ ‘nsieme ... Puscina era ju nostro munno, ‘nsieme a tanti atri uttri, simo condiviso gran parte della nostra infanzia attera a chio giardino
❤️.
Alle medie ci simo divisi, i persi puro ‘mpo’ de vista, perché tutti i dua ci trasferemo de casa, isso se ne i abita’ alle casi nove, che facinno attera alla Cava Sammanno e ia a ju Spizzone, a ju palazzo doppo la posta che costruì’ patrimo, ma più de ca’ vota i jeva a truva’ alloco attera.
Ju destino c’ha fatto rencuntra’ alle scole superiori pe’ geometri, simo stati cinc’anni a ju banco ‘nsieme, certi legami, senza che te n’accorgi remaneno pe’ sempre, i oggi si puro ‘nci vediamo pe’ anni... appena ci ‘ncuntrimo, me sembra ca’ ci simo sempre frequentati.
So’ fatto sta’ premessa, pe’ cerca’ de spiega’ ju rapporto che teneva cu’ la persona con cui so’ condiviso la vicenda che ve vojo racconta’.
Dopo aver preso ju sacco a pelo a casa, avvisai chella poraccia de mamma ca’ me ne jeva da casa “pe’ sempre” 🤥.
Mamma all’inizio remani’ senza parole, ‘nci credeva 😳, doppo cerca’ de sdrammatizza’, d’aggiusta’ ‘mpo’ le cose ... “ Maure’, ma tu la sera arevettene zica prima no ... doppo ‘mpo’ alla vota ...” ma ja la lascia’ a parla’ sola i me ne i attera alla cava Sammanno a chiama’ chi’amico mia de sempre.
Vulevo immene d’Anagni pe’ ‘mpo’ de tempo ... senza sordi ‘nsaccoccia, senza gnente i cu’ i diciott’anni ancora da compie, era il 1975, tenevo da dimostra’ a casuma che ormai ero ... “grosso” 😡.
St’amico mia, Carlo, era ju terzo de tre fratelli, i all’opposto mia, che ero ju primo de tre fratelli, era nu’ ragazzo libero d’areveni’ la sera quando se pareva a isso, poteva parti’ i areveni’ da casa pe’ qualsiasi viaggio a piacere sia,
se gireva l’Italia e mezza Europa cu’ jautostop 👍.
I genitori sia, forse già s’ereno ‘mpo’ abituati cu’ i frati più grossi a ju distaccamento dei fij , invece a casuma,
chella strada la teneva da traccia’ i da spiana’ ja 🤷‍♂️.
Appena dissi a Carlo ca’ vulevo immene da casa il più lontano possibile...già’ stemo cu’ ju saccappelo ‘ncoio a fa’ jautostop pe’ arriva’ attera alla macchia d’Anagni, alla stazione de servizio della Pavesi.
Arrivati a chjo distributore della Macchia d’Anagni, ja i Carlo ci mettemo vicino alla pompa della benzina, a ogni machina che se fermeva a fa’ rifornimento i che teneva la targa più a sud de Napoli (benedette targhe de na’ vota ... che te faceveno regula’ su tante cose ...), ci chiedemo ando’ ieva.
Cachetuno, maleducato ... ne’ ci manneva ritiri ritti ☹️,
invece uno cu’ na’ Ford Taunus grigia metallizzata,
feci ju pieno de benzina i ci disse che jeva a Bari ...
“Propria ando’ tenimo da i nui”, ci dicemo... ‘nsa ando’,
ne le sapemo manco nui ando’ tenemo da i 🤥.
Chisto viaggeva da sulo, ma nui pe’ educazione i delicatezza,
ci chiedemo si teneva ‘mpar de posti spicci ... infatti i teneva ...
guarda caso ☺️.
Ci facemo la strada da Anagni a Bari cu’ nu’ pazzo 😳,
purteva chella machina sempre a tavuletta,
Carlo s’assetta’ a ju sedile annanzi , era ju capospedizione i teneva ‘sperienza, pianificheva tutto isso i si ‘nci steva isso, comme ha ditto na’ signora de stu’ gruppo, ja saria arrivato si e no attera a Sancisari; ja steva a ju sedile addreto ... ma me se stira’ ju coio, pe’ vede chella lancetta dei contachilometri ...
pe’ tutto ju viaggio sempre a fine corsa. Ogni tanto, chisto, appena alla radio se senteva ca’ canzone de Adriano Celentano che canteva “Yuppi du” o della moji Claudia Mori cu’ “Buonasera dottore”, arizzeva ju volume a palla; doppo appena senteva Domenico Modugno cu’ “Piange il telefono”, abbasseva i ci parleva male ... boh ...
“che ci sarà’ fatto Domenico a chisto” ... me chiedevo.😊
Comunque appena arivemo a Bari, calemo dalla machina, ringraziemo prima ju Padreterno d’avecci fatto arriva’ ancora sani 🙏🏻, i doppo isso ... ma manco tanto.
Ci mettemo a n’atra pompa de benzina a cerca’ n’atro passaggio pe’ i verso Terlizzi, a truva’ n’amica de Carlo che isso era conosciuto j’anno prima a nu’ viaggio che s’era fatto in Sardegna. Isso steva attrezzato be’ ... purteva puro la cartina geografica ... i meno male ca’ si dipendeva da mi ... chisa’ ando’ jemo a fini’
😊,
Ja m’ero purtato sulo ju saccapelo i ... le scarpe perché le tenevo già’ ficcate a i pedi.
La sera arivemo a Molfetta, na’ trentina de Km più’ sotto de Bari vicino a Terlizzi, c’era acchiappato ‘mpo’ a tardi cu’ le ... coincidenze, ma ormai ja ‘nteneva niciuno problema d’orario de rientro, finalmente stevo tranquillo ...
sulo che ne’ sapemo a ‘ndo’ icci a durmi’, ju portafojo ni tenemo propria i le saccocce ereno vote ...
in dua ‘ntenemo na’ lira, figurate si ci putemo permette na’ locanda 😔.

Jemo alla spiaggia i truvemo na’ grotta libera, proprio in prima fila, vista mare, anzi propria ammezzo a ju mare
👍.
Rentremo dentro a sta’ grotta, passenne ancima alle rocce che resceveno dall’acqua i vedemo che abballe ‘ntutto, ci steva ‘na parte cu’ la sabbia ando’ le onde ‘nci’arriveveno.
Sistememo i sacchi a pelo i dopo ‘mpo’ se feci scuro.
La notte, ‘nse vedeva manco a fa’ a cazzotti, buio pesto, la luna ‘nse feci vede’ pignente, se senteveno sulo le onde de ju mare che sbattevano ‘nfaccia a chji scogli.
Se dici che il buio e il rumore del mare conciliano il sonno ...
ma alloco ne’riuscemo a chiude n’occhio ... lu brutto però arriva’ doppo, cu’ l’alta marea, quando chella parte sabbiosa venne raggiunta dal mare
😳.
Passemo lu resto della notte rencriccati ancima a i scogli, cu’ i sacchi a pelo ‘nzino, remanemo intrappolati alloco dentro senza pote’ resci’, ju mare s’era mosso, ammezzo a chii sassi i allo scuro, ‘nci fidemo tanto a movici...
se vede che ‘mpo’ de ciruella ‘ncapo, c’ereno avanzate 🙄.
Carlo, a differenza de mi, teneva più esperienza cu’ chij tipi de trasferte, conosceva ragazzi e ragazze da più de ca’ parte,
i puro in Puglia teneva ‘mpo’ d’amici.
Ju giorno appresso, frischi come na’ rosa de maggio, riposati e rifocillati ... la fame i ju sonno ci cacceva j’occhi ... ci ‘ncuntremo cu’ st’amici sia.
Ereno bravi ragazzi, io li vedevo come i fratelli minori dei “figli dei fiori” degli anni sessanta, diciamo ‘mpo’ alternativi rispetto alle mie frequentazioni paesane, li vedevo più emancipati, più liberi (sempre presente sta’ parola), ereno pieni di ideali, de collanine, de laccitti de cuoio, cu’ chji camicioni larghi, ommeni i femmene se vesteveno uguali, le femmene s’ereno tutte scurdata de mettese ju pezzo ancima dell’intimo, ... teneveno tutti, nu’ spirito portato a combatte ju “sistema” ... Pe’ mi, nu’ munno novo 😳.
Ja, a chio punto della vita mea, era la quarta vota che m’alluntevo d’Anagni senza la famija, la prima i la seconda, fu quando tenevo sei i sette anni, me mannanno alla colonia marina de Mondragone cu’ i preti.
La scusa era chella de “famme respira’ ‘mpo’ d’aria bona de mare” ma in verità era pe’ fa repusa’ ‘mpo’ mamma, che appena la domenica me veneva a truva’, me diceva che senza de mi, ‘nteneva più gnente da fa
🤷‍♂️.
Santa femmena quanto da fa’ ci so’ dato da uttro ...
Ja alla colonia ne’ ‘nci vuleva propia i e ‘nci vulevo sta, me sentevo in prigione addreto a chella ramata che delimitava la spiaggia, tutti chji ordini, tutti ‘nquadrati, gli orari pe’ magna, pe’ giuca’, pe’ isse a fa’ ju bagno, p’arizzasse la matina, pe’ isse a durmi’ la sera ... era tutto scandito dai fischietti delle ragazze vigilanti.
I teneva sempre alle recchie chjio fischietto ... ia vulevo sta’ tutta l’estate a Puscina a fa chello che me pare ... libero
❤️.
Brutta esperienza, il periodo più triste della mia fanciullezza.😔
La seconda vota, ci vulette i ja, sempre cu’ i preti, a ju campeggio dell’Azione Cattolica in montagna a Pucinisco: come governatore teneva Massimo Natalia
i a capotenda Guglielmo Galantino, chella fu na’ bella sperienza 😊, i mo, st’evasione da uttro ribelle che m’ero piato, da sulo contro tutti.
Chesto ve le so’ ditto, pe’ fave capi’ la mia inesperienza addafori dalle mura amiche de ju paesotto nostro e privo di qualsiasi piccolo vizio: non avevo, e non ho, mai fumato una sigaretta e mai bevuto alcolici, giusto ca’ mezzo bicchiere de vino appena m’arecordo.
La sera, doppo na’ cena de panini offerta da st’amici,
stemo tutti raddunati addosso a ju falo’ ancima alla spiaggia.
Era tutto scuro addosso a nui, l’unica luce era chella de ju foco, na’ ragazza i nu’ ragazzo suneveno la chitara i canteveno ‘nsieme a tutti jatri, ja pe’ cerca’ da non fa’ cambia’ ju tempo, ca’ era bono, me stevo zitto ... ero ‘mpo’ stonato
☺️.
A nu’ certo momento na’ ragazza, forse pe’ famme sciolle ‘mpo’ ...me s’avicina e me dice: “ la vuoi ‘mpo’ d’erba ?”
Io ingenuo comme n’uttareio: “ te ringrazio ma ne’ me va’, pensa che a casa mamma me sta sempre a cummatte pe’ fammela magna’, nonna la venne alla piazza tutti i giorni,
I mo ... aecco, te ci mitti puro tu cu’ st’erba”.
Chella me remani’ a guarda’ ‘mpo’ sbalordita dalla risposta,
forse penso’ “azz ... che bella famiglia affiatata!”
I me disse: “ Tua madre ti passa l’erba e tua nonna la vende?
E che tipo d’erba?”
“Tutta chella che capita, tanni, cacchitej, pisciacani, erba pazza, brocculi, cicoria ... tutta chella che, in base alla stagione, se trova ”.
Allora scoppio’ a ride, la pia’ comme na’ battuta, a chjo punto era ia che ne’ la capiscevo... “ma che te’ da’ ride chesta“ pensai tra mi’ i mi’ ...
Doppo lo chiesi a Carlo e scoprii che l’erba chij se la ... fumeveno, ‘nci saria mai arrivato, da sulo, a na’ cosa del genere, ereno i famosi “spinelli”, ne era sentito parla’ ma ne’ c’ero mai avuto a che fa’
🤷‍♂️.
Chella notte, ‘na ragazza de chelle, vedenne che ‘ntenemo nu’ posto pe’ dormi’,ci offri’ la sistemazione a na’ casa chiusa (ne’ pensite male...), perché i suoi nonni erano ... morti.
Nui, all’inizio facemo ‘mpo’ de complimenti ... cu’ la speranza che chella insisteva ‘mpo’ ... infatti insistette i nui accettemo subito 😊, meno male, vista l’esperienza della notte precedente ...
La sera, ci purta’ a ju centro storico de Molfetta, era na’ casa vecchia, salemo na’ scala stretta, cu’ i bordi dei gradini de legno, che ci purta’ a ju primo piano ando’ ci steva nu’ purtunaccio cu’ nu’ paletto de fero appuntato addreto.
Rentremo, era tutto scuro, ‘nci steva ne’ acqua i ne’ luce, ce l’ereno staccata perché ‘nci steva abita’ niciuno da parecchio tempo.
Tutti i mobili, ju tavulino, le seggie, ereno coperti de lenzoli bianchi,
ju matunato cu i matuni de cotto malfermi i ‘mpurlati,
ci steva n’addore de vecchio che li’ per li’ ci feci rimpiange la grotta.
La notte, almeno ja, ne’ durmii pignente, cu’ lu scuro se vedeveno sulo chji lenzoli bianchi, appiccati addosso a chjo mubilio, che se moveveno cu ju vento che rentreva dalla finestra ruperta, doppo mettici puro che i padruni della casa s’ereno morti ... me sembreva de sta’ a na’ casa de fantasmi 👻.
I puro chella notte la feci bianca ...
“Ca’ notte de cheste ... prima o poi m’addurmaraio”, pensai 🤔.
Buon fine settimana

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Fine dell'anteprima