lunedì 19 settembre 2016

George Clooney dal 2011 in aiuto del Sud Sudan

Le benemerenze “africane” di un benefattore famoso                                                                                    
Il paese, dilaniato dalla guerra civile che ha fatto e fa migliaia di morti, ha raggiunto i 2,500 milioni di sfollati – Arricchimento dei capi e tribalismo le cause della catastrofe puntualmente doppiata in altri paesi africani.


Attore di sogno per le donne, bravino sul set, George Clooney, più radioso che mai specie in pubblicità tv (Martini - no party?-, Nespresso – what else? -) insospettabilmente ingaggia da quel dì una doppia vita impensata. Come di altre stars sconosciute, si viene a sapere del suo ambizioso impegno pro-poveracci e diseredati, in favore degli spauriti e disperati, braccati dalle catastrofi naturali. Certamente quello che fa non smuove estatici lirismi nei nostri cuori, pur tuttavia gli sprazzi estratti dal recente passato sfumano nell'elogio catapultandoci allo tsunami del 2004 e alle sue centinaia di migliaia di vittime. Lui v'ebbe parte attiva mettendo fondi a disposizione. Come pure confermò il suo fattivo endorsement in occasione di svariati sismi (Iran, Pakistan, Messico ecc.). Dal 2011 non stravolge nessuna certezza partecipativa alle pene del Sud Sudan, sfoderando sempre sostegni pecuniari allo Stato resosi quell'anno indipendente dal Sudan ed ora funestato dalla guerra civile tra le due fazioni dominanti che ha provocato finora ben 2,500 milioni di sfollati e migliaia di morti. Non stona nel panorama-Clooney la sua eminentissima proposta riguardo ad atrocità ed orrori commessi contro l'umanità fuggiasca e transeunte: avvicinare le tranquille società occidentali - in linea però esse stesse con l'orrida babele delittuosa inscatolata nel quotidiano dei loro propri tormenti -, ai crimini perpetrati, rendendoli visibili, filmandoli e diffondendoli, come fanno i fotogiornalisti al fine di inchiodare i responsabili aguzzini mano-lesta sui soldi e dai crudeli istinti De Sade. Non male come clamorosa stangata, peraltro non agevole da concretizzare, visto il difficile accesso sui luoghi della tragedia. Semmai, in subordine, giustiziere buon senso suggerisce almeno il ricorso alla pubblicazione delle atrocità. Lo svolazzante progetto, nondimeno più prossimo alla velleità che alla certezza, attende verifiche. Ma Clooney intanto ha fatto la sua parte per questo neo-Stato che, dopo la secessione dal Sudan, s'è ritrovato con i tre quarti del petrolio che vantava il vecchio Sudan anglo-egiziano. Il suo attuale e funambolico presidente Salvakir avrebbe misteriosamente ma magicamente inguattato incontrollabili ricchezze, spargendone i proventi nei caveaux di mezzo mondo (così dicono i bene informati). Tra lo strazio della gente in fuga, intruppa anche un fatterello che sembra una acida freddura. Salvakir e il suo nemico, comandante della fazione avversa, simil versione nera dei ladri di Pisa, si autoincensano mercè l'anacronistico possesso di due villoni da favola, uno per ciascuno per non scontentare nessuno, situati vicinissimi nel pieno centro di Nairobi, capitale del Kenya. Alla faccia del popolo sovrano... Una guerra per modo di dire? Non si direbbe, viste le sofferenze prodotte. Alla base del guerriero groviglio africano si piazza la farcitura di due cause micidiali : 1) L'arricchimento di presidenti, giunte, notabili, funzionari, generali, colonnelli ecc. per lo più bugiardi e ladri e assassini; 2) il tribalismo. Entrambi inevitabili, entrambi ineluttabili. Le varie guerre africane, non molte per la verità come si vorrebbe accreditare, mirano non solo al potere, ma alle risorse del paese trasfigurate poi in denaro contante. E l'odio tra le varie tribù, più che altro di differente etnia, è talmente radicato da portare spesso all'eliminazione indiscriminata, al genocidio – vedi Uganda, 10 anni fa. Perciò nulla da recriminare se l'inflazione in un mese ha raggiunto la punta astrale dell'800%. Basteranno allora 100, 1.000, 10.000 Clooney a sanare il ciclopico problema?   

                                                                                                                            Giovanni Passa                                                                                         


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