I cipressi non sono stati mai curati. Essi vanno recuperati, in quanto elemento fondamentale del complesso architettonico del cimitero. In caso non fosse possibile recuperarli vanno sostituiti.
La civiltà di una città si misura dagli ospedali, dalle scuole e dai cimiteri.
Anagni, la cappella e la barbarie
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11/07/2011
Anagni, la Cappella di Onorato Capo e … la barbarie. Eppure c’è stato qualche importante scrittore che la defini ‘piccola Atene’
e qualche altro ‘la Roma del Sud’ a sottolinearne ed evidenziarne peculiarità uniche, riscontrate addirittura già all’epoca dei Romani che ne ammiravano e decantavano la cospicua ricchezza e benessere. Ma ci si vada oggi, ad Anagni. L’unica realtà che si riscontra è rappresentata dall’ arrembaggio edilizio, la cementificazione selvaggia, la cancellazione della Valle del Sacco, le cave di sabbia che le fanno splendida
corona, la gloriosa antica Via Casilina divenuta una volgare e degradata bidonville.
Hanno costruito e/o fatto costruire perfino sugli antichi murazzi, ed è tutto dire!
E quindi l’abbandono addirittura suicida in cui versa quello che fu un gioiello di cappella funeraria nel locale cimitero è la cartina di tornasole che conferma quanto detto nel titolo: barbarie. E, in aggiunta, suicidio. Perché, in una società civile beninteso, di suicidio si tratta allorché si autodistruggono e/o mandano in rovina opere architettoniche e pittoriche che, al contrario, hanno per destino e vocazione, ma nelle società civili, di portare solo lustro, prestigio, gratificazione, cultura e soldi.
Stiamo parlando del capolavoro di cappella che
Onorato Capo, cittadino stimato di Anagni e filantropo del 1800, si fece costruire nel punto più panoramico e più suggestivo del cimitero nel lontano 1905. Non vogliamo parlare di lui, basti far presente che all’epoca grazie ai suoi meriti, una delle strade principali gli fu dedicata dove oggi si levano l’ospedale e la USL. Invero fu grazie al suo senso civico, al cospicuo contributo finanziario da lui messo a disposizione, che già alla fine del 1800 si potette realizzare l’ospedale cittadino. E qui nel 1935 entrò in funzione anche una benemerita istituzione, la ‘Pia casa di riposo Onorato Capo’ destinata ai derelitti senza famiglia e senza mezzi della città, finanziata con i fondi da lui testamentati, che è rimasta in vita fino a due anni fa. E appena chiusa, i locali relativi sono stati riscattatati, se ho capito bene, dalla Regione Lazio a favore delle casse comunali per seicentomila Euro: una tempestività fuori delle normali regole, come si vede. Eppure la cappella Onorato Capo oggi è sempre nelle medesime tragiche condizioni.
Da qualche parte si legge, inoltre, che quando morì, nel 1904, lasciò i suoi beni parte alla chiesa e parte al comune: il risultato di tale gesto di amore verso i cittadini di Anagni lo si costata andandone ad osservare la cappella funeraria da lui fatta realizzare, come detto, nel 1905: uno scempio, un delirio. Abbandonata, aperta a tutti i vandalismi, le belle porte arrugginite, vetri colorati infranti, peggio di tutto le decorazioni parietali quasi completamente andate perse, le suppellettili scomparse, il pavimento in marmi pregiati intarsiati coperti di immondizia e calcinacci, all’esterno due scale avvolgenti in travertino pregiato che portano al piano inferiore oltre ad essere un immondezzaio, vi sono nate non solo erbacce ma addirittura le piante di fichi!
Ma non è finita. E’ notorio che una società più è malata, più la barbarie non solo si sviluppa ma si diversifica anche nelle maniere e modi più inimmaginabili. E, tornando ad Anagni, se si fa il giro del monumento funerario in questione e si scende alla base per rendersi conto della cura e dell’impegno architettonico profusi nell’opera nonché nella scelta dei materiali impiegati da parte sicuramente di Onorato Capo stesso, si assiste ad uno spettacolo ancora più inaudito e disperante: a destra e a sinistra del mausoleo, e a esso appiccicati o aderenti, sono stati realizzati due moduli di loculi, cioè è come se addosso alla Cattedrale o al Collegio Leonino si infilassero due bei travi di cemento armato per farci il garage o altro. Queste appendici rappresentano il fondo del degrado e del dispregio, oltre il quale non c’è più nulla da grattare! I poveri morti lì albergati in questo modo precario e rimediato è poco verosimile che avrebbero accettato tale orribile sistemazione delle loro spoglie procurata da qualche intelligente e sensibile sindaco degli anni addietro a danno violento di un altro monumento funerario.
Michele Santulli
Anagni, la cappella e la barbarie II parte -